Lavoro e crisi di impresa: osservazioni Ance al Senato

Urge un impegno concreto da parte delle forze al Governo per un fondo “Salva Opere” che abbia abbastanza risorse


Riportiamo la posizione di ANCE, associazione nazionale costruttori edili, in merito al decreto legge Lavoro e Crisi di impresa. Urge un impegno concreto da parte delle forze al Governo per un fondo “Salva Opere” che abbia abbastanza risorse. I Fondo, al momento, può contare su una scarsa dote finanziaria pari a 12 miliardi di euro nel 2019, 33 miliardi di euro nel 2020 e 18 miliardi di euro a regime. Risorse che ANCE ritiene totalmente insufficiente per dare una risposta efficace ai crediti vantati dalle molte imprese che hanno lavorato per i cantieri “in crisi”.

“Positiva la norma del decreto legge ‘Crescita’ che ha sancito l’operatività del fondo ‘Salva Opere’ e buone le recenti estensioni della copertura, – commenta Carlo Bucci, presidente di Bucci Spa – ma oggi servono da parte del Governo misure urgenti per dare reale efficacia a questa manovra. La copertura di questo fondo ad oggi non è sufficiente, serve una soluzione che sblocchi queste situazioni di crisi. L’Italia riparta da qui, tutelando i suoi impreditori e facendo così crescere il Paese”. 

 

La nota di ANCE: 

Si è svolta il 1 ottobre l’audizione informale dell’Ance presso le Commissioni riunite Industria e Lavoro del Senato nell’ambito del ciclo auditivo deliberato sui contenuti decreto legge 101/2019 recante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali“. 

La delegazione associativa si è soffermata, in particolare, sulla norma del testo (art.15) di modifica dell’art. 47 del DL 34/2019 (cd DL “Crescita”) – convertito dalla L. n. 58/2019 – che ha istituito, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Fondo “Salva-Opere”, con l’obiettivo di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e la tutela dei lavoratori.

Al riguardo, è stato ricordato, in premessa, che il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 100.000. Detto contributo rientra tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine dell’aggiudicazione definitiva.

La stazione appaltante, sia essa amministrazione aggiudicatrice o contraente generale, entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva, provvederà al versamento del contributo all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo.

La norma del DL “Crescita” ha sancito l’operatività del fondo con riferimento alle gare effettuate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL Crescita, ossia a decorrere dal 30 giugno scorso, demandando un decreto del MIT, da adottare di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, l’individuazione dei criteri di assegnazione delle risorse e le modalità operative del fondo stesso, ivi compresa la possibilità di affidare l’istruttoria, anche sulla base di apposita convenzione, a società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti mediante gara.

Le modifiche apportate dal decreto legge all’esame riguardano, in particolare: l’estensione ai sub-fornitori, sub-appaltatori, sub-affidatari del contraente generale – e non più ai soli affidatari di lavori della copertura del fondo; la non ostatività all’erogazione delle risorse dell’eventuale pendenza di controversie giurisdizionali in merito ai crediti dei beneficiari del Fondo verso l’appaltatore; l’obbligo del MIT prima dell’erogazione delle risorse, di verificare la sussistenza la regolarità contributiva del richiedente, nonché di effettuare la verifica di cui all’articolo 48-bis, comma 1, del DPR n. 602/73 (relativa alla sussistenza di debiti fiscali derivanti da cartelle di pagamento.

Al riguardo, è stato rilevato che nonostante l’estensione della copertura del fondo anche ai sub-fornitori, sub-appaltatori, sub-affidatari del contraente generale, nonché le ulteriori modifiche suddette vadano nel senso di una maggiore velocizzazione delle procedure di erogazione delle somme e siano quindi da valutarsi positivamente, l’operatività del fondo è ancora bloccata. Non è stato infatti ancora adottato il decreto ministeriale sopra menzionato che dovrebbe regolare le modalità di erogazione dei rimborsi, nonostante che la norma ne prevedesse l’adozione entro il 31 luglio scorso.

Tale grave ritardo aggrava le condizioni delle imprese della filiera, “a valle” degli appaltatori o contraenti generali colpiti da procedure concorsuali, che versano, infatti, in situazione di estrema criticità ormai da molti anni e non possono permettersi un’ulteriore dilazione nei tempi di pagamento di quanto loro dovuto per i lavori già svolti. Ad essere a rischio, invero, non c’è solo la prosecuzione dei lavori, ma la stessa sopravvivenza sul mercato delle imprese.

E’ stato evidenziato, altresì, che il Fondo, al momento, può contare solo su una scarsa dote finanziaria – pari a 12 M€ nel 2019, 33 M€ nel 2020 e 18 M€ a regime – totalmente insufficiente per dare una risposta efficace ai crediti vantati dalle molte imprese che hanno lavorato per i cantieri “in crisi”, Occorre quindi adottare il decreto attuativo il più rapidamente possibile, nonché assicurare il Fondo di una dotazione finanziaria adeguata, anche attraverso un soggetto terzo che anticipi le risorse necessarie. A tale riguardo, Cassa Depositi e Prestiti può essere il soggetto giusto per garantire il rafforzamento e consolidamento del sistema di Pmi, comprese le consortili coinvolte nelle situazioni di crisi. In questo caso, a rischio è la stessa base del tessuto imprenditoriale del Paese, ossia tutte quelle piccole e medie imprese che, nel corso degli ultimi decenni, hanno continuato a lavorare con correttezza e a regola d’arte.